Fontana dell’Ercole

Situata nella centralissima Piazza Umberto I, la Fontana dell’Ercole rappresenta l’emblema della Città Caudina.
Essa si compone di una base a pianta circolare con vasca, sormontata da un gruppo scultoreo rappresentato da quattro leoni e su di un podio la figura di un Ercole guerriero.
Nel 2018 ha compiuto 150 anni.

Storia
Nella seconda metà dell’Ottocento, più precisamente dopo l’Unità d’Italia, Piazza del Popolo divenne sempre più il fulcro centrale del paese, punto di riferimento commerciale degli altri comuni della Valle Caudina.
La piazza era, invero, sempre stata luogo di ritrovo dei cittadini, in special modo nei giorni festivi per via della vicinanza di tre chiese (Annunziata, San Leone e San Francesco).
Si fece sempre più impellente la necessità di abbellirla e di porre una fontana da cui attingere l’acqua sia per gli usi domestici sia per potervi abbeverare gli animali, non solo nel giorno del mercato settimanale, ma anche gli altri giorni, quando in essa i contadini si recavano a vendere ai compaesani i prodotti della terra.
L’amministrazione del nuovo regno, conscia di tale aspettativa, si adoperò affinché si realizzasse in essa una fontana che fosse di ornamento e rispondesse alle varie necessità degli abitanti.
Si incaricò l’ingegnere Carmine Biancardi (1821-1900) di preparare un progetto.
Costui adempì all’incarico stilando un disegno che ricordasse l’origine storica del paese e celebrò il suo eroe maggiormente rappresentativo, cioè Ercole.
Il sindaco Salvatore De Simone dedicò particolare cura alla realizzazione dell’opera.
Richiese l’appoggio della prefettura, cui inviò il progetto, ma esso gli venne restituito il 28 maggio 1863 senza alcun segno di approvazione.
Anzi, tale organo fece esaminare il progetto dall’ingegnere Panza, Capo della Provincia, il quale vi apportò delle modifiche.
La questione si trascinò per oltre un anno fin quando nella seduta del 17 maggio 1864 il consigliere Antonio Marciani si fece portavoce dell’aspettativa popolare e sollecitò l’amministrazione a richiedere la presenza in loco dell’ingegnere provinciale Panza , per effettuare un sopralluogo e formulare, con cognizione di fatto, tutte le osservazioni ed i rilievi del caso.
Costui però respinse, tramite una nota prefettizia dell’agosto di quell’anno, l’invito, giustificando il rifiuto con la mole di lavoro esistente nel suo ufficio e consigliò di far visionare il progetto dall’ingegnere Ambrogio Mendia di Napoli, definito “uomo di sommo merito scientifico, il quale coi suoi alti lumi saprà dare alla bisogna le norme per la pronta, buona e facile esecuzione della opera stessa”.
La prefettura raccomandò anche di aumentare l’importo della spesa prevista.
Si attuò quanto consigliato dall’Ufficio superiore e al Mendia venne corrisposto anche un anticipo dal sindaco De Simone per il compimento dell’opera.
Costui, però, trattenne presso di sé, per circa due anni, il progetto tanto che nel gennaio del 1867 il consigliere Damiani fu incaricato di recarsi presso il predetto ingegnere e ritirare il progetto preparato dal Biancardi con la facoltà di intraprendere qualsiasi azione legale per ottenere la restituzione dell’elaborato onde realizzare, con ogni urgenza, l’opera sotto la direzione dello stesso Biancardi e con l’impiego di scalpellini del limitrofo comune di Cervinara, ove, peraltro, l’ingegnere era coniugato.
La realizzazione dell’opera, nella quale la statua di Ercole era dotata di clava, diversamente da come appare attualmente, permetteva il recupero dell’acqua che venne utilizzata, previo pagamento, per irrigare gli orti della famiglia D’Avalos e Gentile, siti a ponente della fontana, e quelli sottostanti di altri proprietari.
Il getto d’acqua, che era posizionato nella clava tenuta da Ercole, causò, però danni alla casa di Baldassarre Barbati che era palazzinata e trovavasi nei suoi pressi.
Costui richiese ed ottenne dal Comune il risarcimento per l’umidità causata dal getto d’acqua che ricadeva sul muro perimetrale dell’abitazione. Infatti l’acqua, infiltrandosi, danneggiò i parati di carta posti sulle pareti interne della stessa.
La statua vene danneggiata e resa monca.
Nel 1877, poiché il getto d’acqua che fuoriusciva dalla clava, oltre a danneggiare le abitazioni limitrofe, infastidiva, nelle giornate ventose, le persone che si recavano alla fonte ad attingere l’acqua; la statua di Ercole fu rimossa e si provvide alla rimozione della clava, mentre il getto d’acqua fu reso più confacente alla situazione facendolo riversare all’interno della vasca sottostante.
Tutta la struttura fu oggetto di lavori nel 1937 su iniziativa del commissario prefettizio Roberto De Cillis.
La sistemazione e la pulizia del bacile della fontana furono eseguiti dal muratore Raffaele Grasso, mentre i lavori di sistemazione del basolato e degli scalini furono eseguiti da Maietta Michele di Raffaele.
Negli anni ottanta del decorso secolo furono effettuati lavori di consolidamento molto approssimativi della struttura, la statua subì anche il furto del globo nelle mani di Ercole.
Essa è stata cantata in modo originale nel componimento “Muntercule” del poeta Ernesto Severino.