Monumento ai caduti

Monumento ai caduti, piazzetta della Pace

Il monumento dedicato dal Comune ai caduti in guerra, realizzazione dello scultore Nunzio Bibbò, è un’opera scultorea in bronzo a basso ed alto rilievo.
E’ concepita come un pannello di forma rettangolare dove si proiettano e si fondono figure umane e segni rappresentativi di tensioni e contraddizioni della guerra e del sacrificio. La superficie rettangolare leggermente concava vi porta in chiave figurativa un aereo militare di ultima creazione (simbolo del futuribile), un soldato morente (simbolo di tutte le guerre), un corteo di figure che si snoda e cammina verso l’infinito e il traguardo di una Europa unita, rappresentata da un cielo di 12 stelle disposte a semicerchio. Una coppia di giovani animata da un’espressione di speranza chiude la composizione.
L’opera è stata inaugurata il 9 maggio del 1998 e sistemata nella Piazzetta della Pace (adiacente p.zza Umberto I) dove tuttora si trova.

Cenni biografici sull’artista
Nunzio Bibbò nasce fra i contadini e i terracottari dell’Alto Sannio, a Castelvenere, il 23 marzo 1946. Con gli artigiani inizia a manipolare l’argilla a 5-6 anni.
Nel 1961 si iscrive ai corsi superiori di scultura dell’antica Scuola di Posillipo. Per tutto il corso degli anni sessanta Napoli diventa la sua città, vi studia, la scopre nei suoi aspetti più tradizionali e popolari, lavora nei ristoranti durante l’estate, vive nelle piccole e modeste pensioni napoletane assieme a studenti universitari. Gli studi dei suoi insegnanti di scultura, Tomai e Dell’Erma, sono la sede dove scoprire l’essenza del lavoro e della vita di un artista. Nel 1964 si iscrive all’Accademia, dove incontra l’insegnamento di Emilio Greco (il classicismo nella scultura moderna), Mazzacurati (la figurazione moderna), Umberto Mastroianni (l’astrattismo); ma la continuità dell’insegnamento, nella conduzione dei corsi, viene garantita da Augusto Perez.
Le tantissime giornate trascorse al Museo Archeologico della scultura, nella sala delle opere dedicate a Venere, con la scultura napoletana dell’Ottocento e, in particolare, di Gemito, diventato il suo terreno di cultura.
Successivamente la sua attenzione si sofferma su Medardo Rosso (il plasticismo e l’impressionismo), Brancusi (la purezza della forma), Giacometti (la spazialità e la concezione esistenzialista della forma), Moore (le soluzioni formali a problemi di contenuto, la sintesi della storia della scultura), Ipousteguy (le forme frantumate, collocate in ambienti circoscritti che richiamano la condizione umana con una forma esistenziale eccezionale).
Quando gli si chiede perché non si sia espresso con linguaggi figurativi realisti, ricorda gli anni dello scontro acceso fra sostenitori dei diversi linguaggi espressivi, del conseguente coinvolgimento prodotto fra gli studenti dell’Accademia, per aggiungere: “Ho avuto la possibilità di apprendere da molte fonti e ho trovato nella neo-figurazione il linguaggio all’interno del quale condurre la mia ricerca. Il riferimento della mia attività creativa è il sud, la mediterraneità e la sua terra”.
Comincia ad esporre a Napoli e in altre città del sud mentre inizia ad insegnare a Benevento.
Nel 1972 riceve l’incarico di insegnante a Brera, dove accetta di restare per un solo anno; nel 1973, infatti, si trasferisce a Roma.
Roma diventa la sua nuova città, dalla quale riceve sollecitazioni importanti, suggestioni che arricchiranno la sua arte. Intesse relazioni con il mondo artistico romano, ma la sua indole è quella del creatore che con discrezione si apparta, vivendo esclusivamente il proprio studio.
Nel 1975 è presente alla X Quadriennale; nel 1976 l’Università di Cincinnati gli dedica una personale, mentre stende la sua attività creativa all’arte incisoria.
Nel 1980 il Museo d’arte di Sofia organizza una sua importante personale e gli dedica una sala permanente.
Nel 1985 è l’Istituto di Cultura di Monaco a riservargli una personale, mentre la Gallery Print Workshop di Melbourne l’organizza nel 1989.
Fra le diverse opere monumentali create da Bibbò, la più complessa la termina nel 1988: la porta, sui temi della vita di San Paolo, per la Cattedrale di Reggio Calabria.
E’ uno scultore-pittore che porta con sé, costantemente, il tratto dell’artista che ricerca in solitudine, che non è predisposto a far parte di movimenti o correnti. Il suo lavoro, la sua opera è fatta per essere letta, goduta e interiorizzata.